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Speciale
MOZART 2006
nel 250° anniversario della nascita (27
gennaio 1756) |
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REQUIEM IN RE
MIN. K 626
L’affascinante storia della
composizione del Requiem
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Ai primi di
luglio 1791 Mozart - in una pausa della
creazione della “Zauberflöte” K 620 - si
reca a Baden per riaccompagnare a Vienna
la moglie Costanze in attesa dell’ultimo
figlio (ricordiamo che l’ultimo addio a
Baden fu benedetto dal celestiale Ave
verum” K 618); non appena in città,
negli stessi giorni che vedono la
nascita di Franza Xaver Wolfgang (1791 -
1844) a Mozart perviene un incarico
inatteso e destinato a trasformarsi -
per via di misteriose combinazioni e di
accattivanti risvolti “ romantici” - in
una delle più note leggende della sua
vita. |
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Gli
elementi: uno sconosciuto vestito di
grigio che compare alla porta, una
lettera contenente la commissione di una
messa funebre, la richiesta perentoria
di non indagare sull’identità
dell’anonimo committente. I foschi
presentimenti di morte - così commenta
Paumgartner - che da mesi si affollavano
nella fantasia sovreccitata di Mozart
presero forma concreta nell’idea che gli
fosse apparso un messaggero dell’aldilà
per commissionargli la propria” messa da
Requiem’. Questa l’origine dell’ultima
grande pagina di Mozart e del “delirio”
che insidiò la tempra ormai infragilita
del compositore perseguitandolo, in un
angosciante crescendo, sino alla fine
dei suoi giorni. |
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La verità,
scoperta dopo la morte di Mozart,
risultò ben più semplice e prosaica. L’
“inquietante messaggero” non era che un
banale intermediario, certo A. Leitgeb,
presentatosi a Mozart per conto di un
amico, il nobile viennese conte Franz
von Walsegg che intendeva nascondersi
nell’anonimato. Appassionato musicofilo
e compositore dilettante, Walsegg voleva
infatti procurarsi una messa funebre da
dedicare alla memoria della consorte
(scomparsa in giovane età): l’intenzione
era di farla eseguire nel proprio
castello, dalla propria orchestra
(composta da familiari, impiegati e
servitori!), presentandola per giunta
come opera sua. Pare che il conte fosse
solito accaparrarsi musica e complicità
attraverso editori e compositori che in
cambio di un lauto guadagno accettavano
di avvolgere nel silenzio la loro firma;
anche nel caso del “Requiem” il
sedicente compositore lo ricopiò di suo
pugno con la scritta “Composto dal conte
Walsegg e lo diresse personalmente, il
14 dicembre 1793, nella parrocchia di
Wiener Neustad.
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Verosimilmente Mozart iniziò la stesura
del “Requiem” già in agosto ma dovette
accantonare il lavoro quando si aggiunse
l’ordinazione de “La Clemenza di Tito’ K
621; si ricorda che verso la metà di
agosto, accompagnato da Costanze e
dall’allievo Süssmayer, Mozart si recò
infatti a Praga per l’allestimento
dell’opera.
A metà settembre, mentre Costanze
riprese per l’ennesima volta la via di
Baden per le cure termali, Mozart fece
ritorno a Vienna; dopo la creazione del
Concerto per clarinetto K 622 per
l’amico Stadler e dopo la
rappresentazione della “Zauberflòte’,
sebbene minato dal male e perseguitato
da sempre più “cupi pensieri”, si dedicò
senza tregua alla costruzione del “Requiem’.
Favorito da un passeggero miglioramento,
Mozart riuscì a trovare la forza di
dirigere la “piccola Cantata massonica”
K 623 nella Loggia cui apparteneva; poi
peggiorò e dal 20 novembre fu costretto
al letto. Ossessionato, non tanto
dall’idea assoluta della morte, quanto
dalla crudeltà di una morte annunciata e
‘procurata’ (così Mozart temeva nei suoi
vaneggiamenti), l’autore continuò
affannosamente a lavorare al “suo”
Requiem, assistito dal fedele allievo F.
Süssmayer; secondo le testimonianze di
Costanze, degli amici, degli allievi che
gli erano accanto, la partitura lo
accompagnò sino alle ultimissime ore
terrene (al punto che Mary e Vincent
Novello, tra i primi biografi di Mozart,
descrivono la morte di Mozart con la
suggestiva immagine: ‘The pen dropped
from his hand”). |
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Dopo la
scomparsa di Mozart, Costanze,
preoccupata che il committente potesse
rifiutare un’opera incompleta, ebbe
l’idea di interpellare i. Ebler,
musicista molto stimato da Mozart, per
affidargli il completamento della
partitura. Mentre Ebler (dinanzi alle
prime battute del “Lacrimosa”) rinunciò
all’insidiosa impresa, l’offerta fu
accettata da Süssmayer, forse l’unico
che, data la vicinanza con il Maestro,
poteva avere un’idea dell’architettura
dell’opera. Ecco la situazione della
partitura al momento della scomparsa di
Mozart: i primi due brani (“Introitus” e
“Kyrie’) erano completati; i sei episodi
della Sequenza erano completi nelle
parti vocali, mentre le parti
strumentali erano solamente abbozzate; |
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il
“Lacrimosa si interrompeva all’ottava
battuta (precisamente alle parole: Qua
resurgiet ex favilla, judicandus homo
reus); i brani “Domine Jesu Christe e
Hostias” presentavano una traccia
generale; del tutto assenti il Sanctus,
il Benedictus e I’Agnus Dei. Per prima
cosa Süssmayer ricopiò il manoscritto,
per nascondere i segni delle
contaminazioni; integrò quindi con
devota umiltà le parti incomplete e le
compose infine, fedele agli appunti e
alle indicazioni lasciate dal Maestro,
gli episodi mancanti. Il primo, e unico,
assillo di Costanze fu che il “Requiem
fosse ritenuto integralmente autentico
(ancora nel 1796 essa infatti dichiarò
al musicologo Rochlitz che il consorte
aveva completamente terminato la
partitura prima di morire); ma già nel
1792, quando il barone van Swieten
(attenendosi a una copia rimasta in
possesso di Costanze) fece eseguire la
Messa funebre nella sala Jahn di Vienna,
tutti i partecipanti conoscevano con
precisione le parti originali di Mozart
e le integrazioni di Süssmayer; per di più
l’allievo chiarì definitivamente la
situazione nella lettera dell’ 8
febbraio 1800 agli editori Breitkopf &
Härtel. |
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